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30 Marzo 2020

Storie Slow di Laura Romagnoni

Come cambia la vita ai tempi del Coronavirus

Rallentare per forza, rallentare per scelta

Laura Romagnoni, Psicologa Psicoterapeuta

Sono ormai più di due settimane che l’hashtag #iorestoacasa ha preso vita e nel frattempo il rumore delle strade è diminuito giorno dopo giorno mentre la vita ha preso nuovi ritmi.

L’agenda si è sempre più svuotata e il tempo libero sembra moltissimo. Dopo mesi di corsa, appuntamenti incastrati e giornate che volano via veloci, ora tutto si blocca e lo scorrere del tempo sembra finalmente dalla nostra parte.
Questa nuova lentezza ha portato alla condivisione sui social di immagini di torte fatte in casa, di paste per la pizza messe a lievitare, di workout domestici e consigli su come sfruttare al meglio questa nuova condizione.
Eppure questo senso di iperattività che osservo oltre lo schermo del cellulare, non lo ritrovo nelle videochiamate fatte con amici e familiari. Spesso, invece, mi è capitato di ascoltare storie di giornate fatte di noia, di insoddisfazione e della fastidiosa sensazione di “perdere del tempo”. Altri ancora mi raccontano di alternare giornate percepite come vivaci, ricche e produttive ad altre troppo lente e vuote.
Incuriosita ho approfondito questi diversi modi di affrontare la quarantena, scoprendo che mentre le giornate “piene” portano pensieri positivi su di sé e una buona soddisfazione per ciò che viene fatto, le giornate “no” si accompagnano a senso di colpa, noia e tristezza.
Come mai questo accade?
Penso che il nostro stile di vita sia solitamente incentrato sulla possibilità di ottimizzare, riempire, stare al passo, raggiungere l’obiettivo. Normalmente siamo sempre alla ricerca di nuove performance con cui riempire le nostre giornate, ansiosi di utilizzare al meglio il tempo a nostra disposizione, senza correre il rischio di renderlo vano. Poco, pochissimo tempo viene dedicato al vuoto. Anzi, spesso lo allontaniamo, come qualcosa di sbagliato e non accettabile.
Ora che molti di noi in questo vuoto sono immersi, è come se vedessimo l’opportunità di riempirlo nuovamente, così da poterlo ancora allontanare. È come se avessimo portato con noi, in questa nuova condizione, la nostra ordinaria tendenza a riempire ogni momento della vita quotidiana.
Tutto questo è normale. La sensazione di vuoto è un vissuto difficile, che ci mette a contatto con una dimensione più interna e profonda di noi stessi, alla quale non siamo abituati. Solitamente, infatti, non riceviamo la richiesta esterna di guardare dentro di noi, di rallentare e di stare più a contatto con il tempo vuoto.
Ci troviamo ora ad interfacciarci con un’esperienza nuova, complessa, di fronte alla quale ognuno mette in campo le proprie strategie di coping.

Coping

insieme delle strategie che le persone mettono in atto quando si trovano ad affrontare situazioni percepite come stressanti, così da poter dominare, minimizzare o risolvere i vissuti negativi elicitati ad esse connessi (Lazarus, 1966)

Come confrontarsi con la lentezza e il vuoto, quindi?
Con la legittimazione. Concederci di poter provare emozioni diverse di fronte a ciò che sta accadendo, accettare le modalità di coping che caratterizzano ognuno di noi e che ci rendono unici, permettendoci di passare da stati di maggiore energia a momenti di inerzia.

Mi auguro che questo possa essere un periodo che, oltre ai segni negativi, possa lasciarci anche un’occasione. Quella di sfruttare questo difficile momento per allenarci a stare con il vuoto, utilizzandolo come opportunità di contatto e di ascolto di ciò che c’è dentro di noi, che non ha solitamente spazio per farsi sentire. Potremmo guadagnare una nuova capacità di relazione con noi stessi, imparando ad accogliere quel vuoto, a ricercarlo attivamente, portando con noi questo cambiamento anche in futuro, quando sarà andato tutto bene.

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